http://asaps.it/index.php?content=http%3A//asaps.it/showpage.php%3Fid%3D15277%26categoria%3DNews%26pubblicazione%3D02.10.2007(ASAPS) – Rischia di finire in carcere per resistenza a pubblico ufficiale chi, a bordo di un ciclomotore, non si ferma a un posto di blocco e poi scappa per non farsi raggiungere dalle forze dell’ordine. A stabilirlo è stata la Sesta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 35826, ha annullato con rinvio, una decisione pronunciata nel 2005 dal Gip del Tribunale di Palermo. Tale sentenza dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di un ragazzo, all’epoca ventenne che non rispettò l’alt intimatogli dai Carabinieri, “perché il fatto non sussiste”. Il ragazzo, secondo l’accusa, era poi fuggito “ad altissima velocità per le strade strette del centro storico, ponendo così in pericolo l’incolumità dei militari e degli utenti della strada". Il giudice per le indagini preliminari ritenne, invece, non ravvisabili in tale condotta gli estremi della resistenza, dato che l’imputato non aveva messo in atto “alcuna attività minacciosa o violenta nei confronti dei militari”. Il reato, secondo il giudice, sarebbe stato ravvisabile se, il ragazzo “per forzare il posto di blocco, avesse diretto il veicolo contro i Carabinieri che intendevano fermarlo”. Contro tale decisione aveva proposto un ricorso il procuratore della Repubblica del capoluogo siciliano, secondo il quale il reato di resistenza, per essere configurabile, non richiede che la violenza o la minaccia sia necessariamente diretta contro il pubblico ufficiale. E dello stesso parere si è dimostrata la Corte di Cassazione secondo cui: “Ad integrare l'elemento materiale del delitto in esame è sufficiente la violenza o la minaccia cosiddetta impropria, che può essere esercitata anche su persona diversa dal pubblico ufficiale operante o sulle cose e che comprende ogni comportamento idoneo ad impedire, a ostacolare o a frustrare l’esplicazione della pubblica funzione”. (ASAPS)